Perdere qualcuno è di sicuro una delle esperienze più difficili da affrontare nel corso della vita. Allo stesso tempo è inevitabile, siamo esistenze “finite”: nasciamo, cresciamo e moriamo.
Nella pratica clinica spesso noi terapeuti ci troviamo a vivere, ad affrontare e ad accompagnare i pazienti nelle loro esperienze di lutto. Ho volutamente utilizzato tre verbi: vivere, affrontare ed accompagnare.
Come Terapeuti “viviamo” le esperienze dei nostri pazienti. Certo, non siamo loro (non sto qui a credere di poter essere uno dei miei pazienti…), tuttavia attraverso una capacità empatica ci diamo la possibilità (e la capacità) di sentire le emozioni che i nostri pazienti sperimentano. È il Controtransfert. Seguendo il modello della Clarkson è buona pratica per il Terapeuta ascoltarsi e riconoscere che tipo di Controtransfert in quel preciso momento sta muovendo i passi nel suo intimo. Così facendo, ci diamo la possibilità di riconoscere effettivamente se ciò che sperimentiamo è una proiezione del paziente su di noi o se è un ricordo della nostra vita che in quel momento, per similarità col paziente, entra nella relazione terapeutica.
Nel caso di un evento luttuoso è per me davvero importante sentire quale stato d’animo vivo in quel preciso momento: l’incredulità, la rabbia, la negoziazione, la depressione, l’accettazione.
Il fulcro di questa riflessione parte da queste cinque parole. Sono le fasi del lutto, teorizzate da Stephanie Kübler-Ross nel 1969.
Ognuno di noi, nel momento in cui incontra la fine della vita di una persona cara (o anche di sé, nel caso di alcune malattie come alcune patologie oncologiche) procede in un percorso all’interno delle emozioni e dei pensieri che ben è stato teorizzato dalla Psichiatra Svizzera. Ho parlato non a caso di “fasi” e non “stadi” perché non sono lineari, possono alternarsi, presentarsi più volte nel corso del tempo, con diversa intensità e senza un ordine preciso, perché le emozioni non seguono regole particolari e possono manifestarsi, poi sparire, o essere nascoste da altre emozioni che ci diamo il permesso di provare perché più conosciute alla nostra coscienza, meno “pericolose” per noi.
Nella pratica clinica compito del terapeuta è di “affrontare” queste fasi insieme al paziente. Alcuni miei pazienti (molti a dir la verità) usano le parole “lotta”, “scontro”, “difficoltà”, “salita”, “partita” in riferimento alla malattia o alla morte ed ecco spiegato il perché del verbo “affrontare” il cui significato primo è: “Trovarsi (a) faccia a faccia, andare incontro”. Come in una disputa, il paziente va verso uno scontro dal quale è convinto che ne risulterà perdente.
Questa “decisione di copione” (utilizzando un termine di Analisi Transazionale) ribalta le altre prese in precedenza rispetto alla vita. Mai nessuno si sarebbe aspettato l’Inquisizione Spagnola (per parafrasare un famoso film) ed ognuno di noi costruisce il suo copione senza l’aspettativa di una morte improvvisa. Quindi trovarsi ad avere di fronte la prospettiva meno immaginata porta, quasi inevitabilmente, a deviare dal proprio copione o a fermarsi ed aspettare la fine. Entrambe queste scelte recano frustrazione, disagio psicologico, oltre che essere causa di un dolore così forte da risultare indescrivibile.
Il lavoro di Terapia è primariamente nell’accoglienza di questo dolore, senza giudizio e senza paura. Il terapeuta che si spaventa in quel momento non si sta ascoltando, sta deviando l’attenzione dallo “scontro” che il paziente gli prospetta. Aprirsi alla condivisione del dolore, della confusione, dell’incredulità, del DINIEGO è il primo passo per accompagnare il paziente nelle fasi ben descritte dalla Kübler-Ross. Camminare accanto al paziente, abbracciarlo e dargli protezione in un momento così difficile è, a parer mio, il miglior modo per affrontare insieme la strada che si prospetta davanti.
Come già detto le 5 fasi del lutto non sono lineari e non hanno dei tempi standardizzati, sarebbe facile ma è tutta un’altra storia. Per questo non esiste una risposta corretta, non esistono tecniche magiche, esistono soltanto due persone che condividono un percorso.
Mi viene da pensare, scrivendo questa prima riflessione sugli eventi luttuosi e sulla loro elaborazione, alle squadre di ciclismo: l’aiuto dei compagni è fondamentale per la buona riuscita anche solo dell’allenamento e si gode della presenza degli altri perché sono un sostegno, una guida, danno forza e, allo stesso tempo prendono tutte queste cose da noi. La vittoria è co-costruita, è merito e scelta di tutti, in una danza continua fino al traguardo. Allo stesso modo Terapeuta e Paziente procedono tra discese, salite, attese, dubbi, domande, si spalleggiano e si prendono cura della relazione in modo che colui che ne ha bisogno arrivi al cambiamento tanto desiderato.
Clarkson P. (1992). Psicoterapia con l’Analisi Transazionale, un approccio integrato. Routledge, Londra.
Kübler-Ross E. (1969), La morte e il morire, Ed. Italiana 2005, Cittadella Editrice, Assisi.
(http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza- linguistica/domande-risposte/laffronto-problema).
Per una trattazione più approfondita: Berne E. (1961), Analisi Transazionale e psicoterapia. Un sistema di psichiatria sociale ed individuale. Edizione 1971, Astrolabio, Roma.
Aceti T., Liverano A. (2014). Dal Processo del Cliente alla Relazione Terapeutica: il Copione come costruzione cocreativa secondo Summers e Tudor. Rivista di Analisi Transazionale e
Metodologie Psicoterapeutiche, Anno XXXIV, n.30, p. 67-82.
Sliding doors, 1988. Regia di P. Howitt
L’immagine di copertina è tratta da:
https://eclosure.com.au/5-stages-grief/